Lui, è mio padre, 90 anni compiuti giusto pochi giorni prima del lockdown, la passione per la pesca e – tranne qualche acciacco – una salute invidiabile. Ottimista da sempre, ha pazienza da vendere. La maggior parte delle giornate le ha trascorse così, seduto al tavolo della cucina, leggendo libri. L’unica concessione alla monotonia di queste settimane è stata la semina e la cura delle piantine di pomodoro, che come da prassi mangeremo solo in agosto. Le lunghe ore trascorse in quella posizione però stanno iniziando a causare brutti effetti, soprattutto sulle sue ossa, che non sono più forti ed elastiche come un tempo. Ieri, senza che nessuno di noi se ne accorgesse, è salito in sella alla bici e si è fatto una pedalata di 200 metri. Ora è felice.
Lei, è mia madre, 81 anni a settembre. Storicamente ipocondriaca, pessimista da (quasi) sempre, soffre di depressione da 30 anni. L’unico farmaco che le dà sollievo non è più in commercio ma finora siamo riusciti a recuperarlo attraverso le farmacie ospedaliere. Peccato che l’ospedale più vicino sia a 40 chilometri da casa. Guai scombussolarle il suo tran tran giornaliero: lo stress è dietro l’angolo. Abituata com’era, la mattina, al suo giro del paese, per fare la spesa, non ha fiatato quando – da inizio marzo – le ho detto che ci avrei pensato io, anche per loro, e che volente o nolente avrebbe dovuto abituarsi al pane surgelato. L’altro ieri l’ho però lasciata andare. Ora è serena.
Lei, è mia figlia, 18 anni e mezzo, ultimo anno al liceo scientifico. A tutt’oggi sulla sua testa incombe l’incognita della maturità. Fin dal primo giorno di sospensione delle lezioni i suoi docenti si sono attivati per consentire il prosieguo online, rincarando però la dose di compiti da svolgere in forma autonoma. Nel frattempo sono andati in fumo i test primaverili di ammissione all’università, ai quali si era già iscritta. Qualcosa però pare stia iniziando a muoversi. Per fortuna, giusto due settimane prima della chiusura era riuscita a superare gli esami per la patente: peccato che poi non abbia più potuto mettersi al volante. Solare, gioiosa, positiva e sempre sorridente, ama la musica, studia il coreano da autodidatta e suona il clarinetto. Sente forte la mancanza delle sue amiche. Ieri pomeriggio l’ho portata a fare due passi attorno al paese (i primi, da due mesi a questa parte!) e passando davanti alla casa di Giorgia è riuscita a salutarla. Ieri sera invece, 3 ore e 20 minuti di telefonata con Marianna. Oggi è domenica, e dorme tranquilla.
Lui, è mio figlio, 22 anni, al terzo anno di Chimica e tecnologie farmaceutiche a Padova. Uscito con 100 e lode dal liceo, lo scorso anno ha ottenuto una borsa di studio per meriti universitari da riscattare con lo svolgimento di uno stage. Peccato che le decine di aziende, pubbliche e private, locali e provinciali, contattate, non si siano mai degnate di rispondere. E quelle che l’hanno fatto, non hanno dato disponibilità (poi ci meravigliamo della fuga di cervelli all’estero?). L’estate scorsa ha lavorato in gelateria. Poco male: a metà febbraio finalmente l’ok da un’azienda padovana. Manco farlo apposta, a pochi chilometri da Vò Euganeo. Giusto il tempo di mettere il naso dentro a un laboratorio e il consueto ritorno a casa nel fine settimana si trasforma in uno stop di due mesi. Puntuali il 2 marzo ricominciano le lezioni, online, che riesce a gestire con successo anche a fronte di due esami, superati brillantemente. Asociale dalla nascita, non ama essere fotografato, ha una strettissima cerchia di amici/compagni di corso e Silvia, la sua fidanzata, con cui rimane in contatto da dietro gli schermi. In questi giorni ha vangato l’orto per i nonni, ha rasato il prato, mi ha lavato i piatti, è andato a gettare le immondizie. Oggi voglio che riposi.
Infine, ci sono io – dietro l’obiettivo, a barcamenarmi alla meglio per tenere insieme i preziosi fili che ci uniscono e per cercare di mantenerci tutti in salute. Credo di esserci riuscita. Questo è tutto.
marzo, aprile 2020
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